Invece dello sterile, falso, aggiornamento che si logora su "novità fiscali" subito dimenticate, è molto più utile quello collegato ad una più accurata messa a fuoco di concetti strutturali, che spiegano meglio  i comportamenti umani in un determinato settore della convivenza sociale. Per esprimere la visibilità della capacità economica attraverso le amministrazioni aziendali avevo usato L'espressione "grandi sostituti di imposta", poi rimpiazzata da organizzazioni aziendali, per mettere in risalto l'aspetto dimensionale, la routine amministrativa e tutti quegli aspetti che i lettori di dialoghi ben conoscono. Si può raffinare ancora il concetto parlando direttamente di "aziende", mettendo in risalto la differenza tra "l'azienda" e il suo titolare. Certo, finchè l'azienda non è autosufficiente, finchè consiste solo nelle mura di una gelateria, nel frigorifero e nel bancone, non ha senso distinguerla dal suo titolare. In questo caso, per i fini che interessano al diritto commerciale, ci sarà anche una azienda, ma sul piano della determinazione della capacità economica ai fini tributari, manca una struttura che possa contrapporsi al titolare, e che egli debba mettere sotto controllo. In questo caso, ai fini tributari, tanto vale parlare di "lavoro autonomo", se si vogliono evitare equivoci, come stiamo facendo da qualche tempo, sostituendo il giro di parole "piccoli commercianti e artigiani". Parliamo quindi di "aziende" per intendere quelle fatte di uomini (persone-mezzi organizzazione), per le quali ha un senso una dialettica con il titolare, interessato dapprima a non farsi derubare dai dipendenti, e poi a occultare al fisco la ricchezza. Veniamo proprio a questo concetto di "ricchezza", che finora non usavo, sostituendolo con giri di parole tipo "capacità economica": la riluttanza a usare il termine ricchezza era rispetto a tutte le situazioni, come gli stipendi da fame o i consumi alimentari, dove tuttavia le imposte si pagano. Però il termine ricchezza è più incisivo, ed è anche opportuno usarlo, riferendolo appunto alle aziende: anche se il singolo stipendio del precario è da fame, l'insieme degli stipendi erogati dall'azienda è "ricchezza", e se il povero consumo alimentare del pensionato non è certo "ricchezza", le vendite del supermercato esprimono, nel loro complesso "ricchezza". Gli atti solenni degli individui di solito esprimono anch'essi "ricchezza" , e quindi il termine, certamente più incisivo e mediaticamente felice, ci può stare. Le eccezioni sono limitate, ad alcuni lavoratori indipendenti "poveri", come la badante o il piccolo artigiano, che stanno per proprio conto, e per i cui redditi parlare di ricchezza può sembrare fuori luogo. Ma sono casi limitati.

 

Sembrano sfumature, ma le scienze sociali vivono anche nel linguaggio e nella comunicazione, dove è importante avere una ricchezza espressiva, da graduare a seconda del contesto di discorso e della tipologia degli interlocutori. Starà a noi valutare quando è meglio parlare di organizzazioni aziendali o di aziende, di capacità economica e di ricchezza. Però è importante avere uno strumentario più vasto, in cui scegliere nei casi concreti.

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