Sul "buon uso" del contante

La proposta del Governo di innalzare il limite del divieto di utilizzo del contante, da 1000 a 3000 euro, ha riacceso il dibattito su un evergreen della "lotta all’evasione fiscale": in genere tutte le posizioni sul campo colgono un aspetto della realtà, e la difficoltà consiste nel coordinarle per giungere ad una appagante soluzione di sintesi. Alcune obiezioni ai limiti al contante - come quella per cui l’uso delle carte elettroniche servirebbe solo a favorire le banche, oppure l’altra per cui limitare il contante equivale a limitare la libertà dei cittadini - sono esogene al problema in discussione, cioè l’efficacia della misura come deterrente all’evasione, e possono qui essere trascurate.

Concentrandoci sul tema, va in primo luogo sgombrato il terreno dalla convinzione che il limite all’uso dei contanti costituisca un freno all’evasione e alla possibilità di incassare “in nero”. È evidente infatti che lavoratori autonomi, piccoli imprenditori o artigiani operanti nei confronti di consumatori finali possono tranquillamente accordarsi coi loro clienti per pagamenti “in nero”, a fronte di una riduzione del prezzo della prestazione, almeno in misura pari all’Iva non addebitata. Nei confronti di questa diffusissima forma di micro-evasione, il limite all’utilizzo del contante risulta in effetti un ostacolo solo virtuale, come spiegato anche da Raffaello Lupi in questa godibile intervista radiofonica, dove si mette in luce come il limite all’utilizzo del contante funzioni soltanto nei confronti di grandi organizzazioni che sarebbero a quel punto costrette a bloccare la transazione, senza produrre apprezzabili risultati visto che si tratta di soggetti che già dichiarano tutti i loro ricavi.

Da questo angolo visuale, dunque, l’innalzamento della soglia non determinerà verosimilmente alcun effetto, posto che la capacità di occultare i ricavi attraverso vendite in nero (soprattutto a consumatori finali) non può essere evitata se non eliminando del tutto il contante come mezzo di pagamento, cioè abolendo la cartamoneta, il che appare però improponibile. Anzi, sotto certi aspetti un limite-soglia all’utilizzo del contante quale mezzo di pagamento rischia di essere controproducente (innescando acquisti oltreconfine, o intralciando i consumi dei turisti esteri), fino a produrre effetti criminogeni, nella misura in cui potrebbe indurre operatori economici altrimenti restii ad occultare i ricavi (ad esempio per avere un giro d’affari credibile e in linea con gli studi di settore), ad accettare transazioni in contanti non registrate pur di non perdere un cliente.

C’è tuttavia un aspetto nei limiti all’utilizzo del contante che andrebbe attentamente considerato, e che di solito non viene evocato nelle discussioni sul tema. La soglia-limite non serve di per sé, come abbiamo detto, a impedire l’evasione degli autonomi che si accordano con i i propri clienti, consumatori finali, per un pagamento “in nero”. Il limite può invece avere sua utilità nella misura in cui intralcia l’impiego dei frutti dell’evasione: non cioè per scongiurare che l’evasione si compia, ma per impedire che il nero derivante dall’evasione venga speso.

L’autonomo che evade incassando in nero si troverebbe infatti, per gli acquisti nei confronti di fornitori organizzati non disposti ad accettare pagamenti sopra soglia, a non poter spendere il proprio denaro, e questo potrebbe costituire una remora, a monte, per l’occultamento dei ricavi. Affinché un meccanismo di questo tipo sia efficace il limite-soglia andrebbe però ovviamente non già innalzato, ma semmai  abbassato, chessò a 500 o 200 euro, magari in via sperimentale. Il che però presenterebbe altre controindicazioni, complicando la vita a milioni di persone che utilizzano il denaro per piccoli acquisti, per comodità, perché magari non possiedono un conto corrente, perché temono di vedersi clonare la carta di credito, e così via. Esiste insomma un trade-off tra l’efficacia della misura nei confronti degli evasori (maggiore tanto minore è la soglia) e i disagi che si imporrebbero al resto della popolazione.

Quale allora il senso di alzare la soglia da 1000 a 3000 euro? L’amara sensazione  è che si tratti di un “rompete le righe”, di una presa d’atto dell’impotenza dello Stato nei confronti della diffusa micro-evasione. Il messaggio politico sembra rivolto al passato prima ancora che al futuro, starei per dire che si tratta di una indiretta legittimazione di un’evasione che si è consapevoli non sarà mai accertata, e che tanto vale aiutare ad uscire allo scoperto, per far riprendere i consumi, la domanda interna e il gettito Iva. Meglio di niente?

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