Alle radici delle supercazzole tributarie

Una serie di illusioni pervade l'"era aziendale", cioè che "il legislatore" sia una specie di entità superiore, di demiurgo preoccupato di portare la razionalità nel mondo. Che le pubbliche amministrazioni si interroghino di volta in volta su quale sia il modo migliore per realizzare l'interesse loro affidato. Che i mezzi di informazione si preoccupino di far riflettere la pubblica opinione e la classe dirigente, facendone crescere la consapevolezza. Beh ragazzi non funziona così o meglio non funziona solo così. Il legislatore si preoccupa di consenso e coesione sociale, cioè di quello che potrà dire in conferenza stampa, obiettivo per cui funzionano molto meglio pastrocchi contraddittori e senza nè capo nè coda, ma proprio per questo "vendibili" in salsa diversa a strati diversi della pubblica opinione. Le amministrazioni pubbliche cercano di "coprirsi" normativamente e di fare bella figura, mettendosi in gioco il minimo e prendendo meno rischi possibile. I mezzi di informazione si preoccupano di riempire gli spazi in modo "leggibile" , facendo audience per il breve spazio dell'ascolto di un programma o della lettura di un giornale. Queste finalità contingenti non escludono le prime finalità "nobili", e vi si mescolano invece variamente. Più un settore è sconclusionato, confuso, socialmente lacerato, più le seconde prevalgono rispetto alle prime, utilizzando una tecnica che spesso troviamo su questo sito e sulle riviste collegate. La supercazzola, cioè le parole apparentemente in tema , ma in realtà prive di un vero e proprio filo conduttore. Quelle che troviamo, ad esempio, tutti i giorni su norme e tributi del sole 24 ore, nella maggior parte delle riviste "accademiche" e "pratiche", sui verbali degli uffici tributari e nelle sentenze di tanti giudici. Frasi apparentemente in tema, con cui si cerca di liberarsi del problema, di rinviarlo a qualcun altro, rendendosi conto di non capire, che ci sfugge qualcosa, o quasi tutto e allora si imbocca la strada dei polpettoni, mescolando parafrasi normative e giurisprudenziali, condite con frasi lapalissiane, in un copia e incolla solo formalmente provvisto di senso compiuto. Che sta soffocando il settore, o meglio "la possibilità di svolgere riflessioni sensate nel settore". Che si avvita sempre di più su se stesso, diventando per molti versi una "fabbrica di incolpevoli e tristi mostri", non per colpa delle istituzioni, non per colpa della politica, non per colpa neppure degli editori e dei giornalisti, ma per un tarlo culturale che pian piano paralizza il pensiero. E' un tarlo fortemente radicato nel mondo universitario, non per colpa dei tributaristi, ci mancherebbe altro, ma per la puntualizzazione devastante, sul diritto tributario, di zavorre culturali di altra origine, che nei luoghi di provenienza fanno meno danni. Ne riparleremo

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